Le convergenze parallele tra amministratore di condominio e Property Manager. Alla ricerca dello “stargate”.
Non è facile affrontare l’analisi economica – giuridica delle attività della gestione immobiliare o “management e operation” dello “spazio costruito” che ha la necessità di continua innovazione dei servizi (Paul Bagust, Introduzione al rapporto Il Property Management: un servizio per il Real Estate, RICS, 2019) considerando anche l’ambito di attività della professione di amministratore di condominio.
Il sottoinsieme economico deve tener conto dell’evoluzione anglosassone poi applicata in Italia, della diversa terminologia – pragmatica – ma che riassume il complesso delle attività richieste per il Real Estate e del diverso approccio: più economico legato al reddito o alla creazione di plusvalenza -capital gain- che alla sola e semplice attività di conservazione del valore capitale del bene (capital conservation).
Beninteso non sfugge la “linea di confine” dei due mondi ed il colorrario delle conseguenze: da una parte il mandato singolo (Property), dall’altra il mandato collettivo (amministratore di condominio), ma vedremo, negli sviluppi successivi di questi studi, per quanto possibile, che le competenze che qualificano le due professioni per la gestione immobiliare o “servizi immobiliari” sono ampie e quasi del tutto coincidenti.
Piuttosto, l’ambiente operativo, lo spazio costruito, dovrebbe far pensare agli amministratori di condominio, che hanno visto un rapido evolversi della tecnologia e sono organizzati e strutturati nella propria gestione aziendale, se non sia il caso di evolversi iniziando a cercare lo “stargate” di comunicazione trai i due mondi.
Non si può più evitare di considerare che il legislatore ha sempre visto l’amministrazione del condominio di edifici anche dopo la novella del 2012 come un “buon samaritano” (si veda l’obbligatorietà dell’amministratore che passa da più di quattro condomini a più di otto e che comunque il proprietario può amministrare il suo condominio anche senza i requisiti dell’art.71 bis dacc, ovvero le regole di amministrazione del supercondominio), anche se onerato di alte competenze tecniche-amministrative-contabili-fiscali gestionali che, guarda caso, le ritroviamo come contenuti dell’attività di Property Management (si rimanda al fondamentale volume di O.Tronconi, A.Ciaramella, B.Pisani: La gestione di edifici e di patrimoni immobiliari, ed. Il Sole24ore, Milano2002).
Nel mercato del Real Estate le “attività immobiliari” sono generalmente suddivise in due categorie: “gestione strategica” e “gestione immobiliare”. Nella prima si individuano le sottocategorie di “consulenza strategica” e “operazioni strategiche”; nella seconda le sottocategorie di “operazioni amministrative di “property”; le “attività manutentive” e i “servizi di supporto” (c.d. faciliy).
Se ora consideriamo la categoria “gestione immobiliare” ed analizziamo le definizioni classiche e generalmente accettate di property management e facility management, vediamo come per property si intenda (riassumendo) il coordinamento di tutte le attività amministrative – contabili e tecniche all’immobile, mentre il faciliy afferisce alla gestione di edifici unitamente ai loro impianti e servizi connessi.
Sono macro-aree di servizi al costruito (si noti che in questo scenario è del tutto superato il problema della professione in se, come bagaglio personale culturale tecnico-scientifico della prestazione) ove gli attori sono società strutturate ad hoc.
Ma ciò non deve essere un punto di irrigidimento culturale per l’amministratore di condominio sol che si pensi che in tempi non sospetti, quando per la professione si iniziò a comprendere la necessità di strutturarsi in società, l’iniziale perplessità della giurisprudenza (Cass.94/5608) venne via via superata (Cass.11155/94) fino ad arrivare all’importante arresto del 24.10.2006 n.22840 (rel.Corona) in cui si evidenziò che:” E’ ragionevole pensare – avuto riguardo al continuo incremento dei compiti – che questi possano venire assolti in modo migliore dalle società (di servizi), che nel loro ambito annoverano specialisti nei diversi rami.”
E’ la necessità economica della gestione dei patrimoni che ha modellato l’attività e le regole (si pensi ai servizi property base e property premium) incentrandola su tutti i “servizi immobiliari”; ma mentre il tema della formazione per il property management rimane ad una distanza rilevante tra università e mondo del lavoro (Futu.re. Scenari Immobiliari, sesta edizione nov.2020), lo stesso tema nella macro-area del mandato collettivo (condominio) è stato sviluppato e normato (DM 140/2014) e vede gli amministratori di condominio impegnati annualmente nell’aggiornamento di tutti i temi per i servizi all’immobile e attenta gestione alle esigenze delle persone.
Se raffrontiamo le competenze property-facility con quelle obbligatorie dell’amministratore di condominio vediamo che al 90% coincidono, ma le strutture property non racchiudono in sé i veri specialisti, ma laureati in varie discipline economiche con scarsa o quasi nulla sensibilità al costruito.
(In una operazione di NPL, per esempio, vi è scarsa attenzione nella due diligence all’immobile non tanto nella sua manutenzione ma quanto al contesto edilizio nel quale è ubicato, al costo dei servizi e del mantenimento e ciò, nel tempo, porta a criticità nei costi e nel successivo realizzo)
E allora è necessario per gli amministratori di condominio andare alla ricerca dello “stargate” per entrare, a pieno titolo, nell’ area economica property; ma ciò vuol dire affrancarsi dalle zavorre dell’intellettualità della professione singola per accogliere il concetto di prestatore di servizi (visione europea) ove il soggetto erogatore non è più il singolo persona fisica ma la persona giuridica.
Passare da un’ idea di conservazione ad un’idea di sviluppo immobiliare ove l’incremento del valore, infine, incide anche sul compenso per l’attività espletata.
Le due professioni possono convivere procedendo ad uno “spin of” della propria attività, offrendo così un vasto plateau di servizi.
Maurizio Voi