Pubblicate sul sito del Garante le FAQ in tema di videosorveglianza
24 Mar

Sono state pubblicate sul sito del Garante per la Protezione dei Dati Personali, le nuove FAQ (Frequently Asked Questions) in tema di videosroveglianza aggiornate dopo l’entrata in vigore del GDPR Regolamento EU 2016/679.

Ne pubblichiamo di seguito il testo completo tratto dal sito del GPDD https://www.garanteprivacy.it/faq/videosorveglianza

Videosorveglianza

Domande più frequenti (FAQ)

1) Quali sono le regole da rispettare per installare sistemi di videosorveglianza?

L’installazione di sistemi di rilevazione delle immagini deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell’ordinamento applicabili: ad esempio, le vigenti norme dell’ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, o in materia di controllo a distanza dei lavoratori. Va sottolineato, in particolare, che l’attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.

E’ bene ricordare inoltre che il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB)  ha adottato le “Linee guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video” allo scopo di fornire indicazioni sull’applicazione del Regolamento in relazione al trattamento di dati personali attraverso dispositivi video, inclusa la videosorveglianza.

2) Occorre avere una autorizzazione da parte del Garante per installare le telecamere?

No. Non è prevista alcuna autorizzazione da parte del Garante per installare tali sistemi.

In base al principio di responsabilizzazione (art. 5, par. 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento (un’azienda, una pubblica amministrazione, un professionista, un condominio…) valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Il titolare del trattamento deve, altresì, valutare se sussistano i presupposti per effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati prima di iniziare il trattamento (cfr. FAQ n. 7).

3) Le persone che transitano nelle aree videosorvegliate devono essere informate della presenza delle telecamere?

Sì. Gli interessati devono sempre essere informati (ex art. 13 del Regolamento) che stanno per accedere in una zona videosorvegliata, anche in occasione di eventi e spettacoli pubblici (ad esempio, concerti, manifestazioni sportive) e a prescindere dal fatto che chi tratta i dati sia un soggetto pubblico o un soggetto privato.

4) In che modo si fornisce l’informativa agli interessati?

L’informativa può essere fornita utilizzando un modello semplificato (anche un semplice cartello, come quello realizzato dall’EDPB e disponibile qui), che deve contenere, tra le altre informazioni, le indicazioni sul titolare del trattamento e sulla finalità perseguita. Il modello può essere adattato a varie circostanze (presenza di più telecamere, vastità dell’area oggetto di rilevamento o modalità delle riprese). L’informativa va collocata prima di entrare nella zona sorvegliata. Non è necessario rivelare la precisa ubicazione della telecamera, purché non vi siano dubbi su quali zone sono soggette a sorveglianza e sia chiarito in modo inequivocabile il contesto della sorveglianza. L’interessato deve poter capire quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o adeguare il proprio comportamento, ove necessario. L’informativa deve rinviare a un testo completo contenente tutti gli elementi di cui all´art. 13 del Regolamento, indicando come e dove trovarlo (ad es. sul sito Internet del titolare del trattamento o affisso in bacheche o locali dello stesso).

5) Quali sono i tempi dell’eventuale conservazione delle immagini registrate?

Le immagini registrate non possono essere conservate più a lungo di quanto necessario per le finalità per le quali sono acquisite (art. 5, paragrafo 1, lett. c) ed e), del Regolamento). In base al principio di responsabilizzazione (art. 5, paragrafo 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento individuare i tempi di conservazione delle immagini, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Ciò salvo che specifiche norme di legge non prevedano espressamente determinati tempi di conservazione dei dati (si veda, ad esempio, l’art. 6, co. 8, del D.L. 23/02/2009, n. 11, ai sensi del quale, nell’ambito dell’utilizzo da parte dei Comuni di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana, “la conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione”).

In via generale, gli scopi legittimi della videosorveglianza sono spesso la sicurezza e la protezione del patrimonio. Solitamente è possibile individuare eventuali danni entro uno o due giorni. Tenendo conto dei principi di minimizzazione dei dati e limitazione della conservazione, i dati personali dovrebbero essere – nella maggior parte dei casi (ad esempio se la videosorveglianza serve a rilevare atti vandalici) – cancellati dopo pochi giorni, preferibilmente tramite meccanismi automatici. Quanto più prolungato è il periodo di conservazione previsto (soprattutto se superiore a 72 ore), tanto più argomentata deve essere l’analisi riferita alla legittimità dello scopo e alla necessità della conservazione.

Ad esempio, normalmente il titolare di un piccolo esercizio commerciale si accorgerebbe di eventuali atti vandalici il giorno stesso in cui si verificassero. Un periodo di conservazione di 24 ore è quindi sufficiente. La chiusura nei fine settimana o in periodi festivi più lunghi potrebbe tuttavia giustificare un periodo di conservazione più prolungato.

6) È possibile prolungare i tempi di conservazione delle immagini?

In alcuni casi può essere necessario prolungare i tempi di conservazione delle immagini inizialmente fissati dal titolare o previsti dalla legge: ad esempio, nel caso in cui tale prolungamento si renda necessario a dare seguito ad una specifica richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria in relazione ad un’attività investigativa in corso.

7) Quali sistemi di videosorveglianza necessitano di valutazione d’impatto preventiva?

La valutazione d’impatto preventiva è prevista se il trattamento, quando preveda in particolare l’uso di nuove tecnologie, considerati la natura, l’oggetto, il contesto e le finalità del trattamento, può presentare un rischio elevato per le persone fisiche (artt. 35 e 36 del Regolamento) (per approfondimenti si vedano le “Linee-guida concernenti la valutazione di impatto sulla protezione dei dati nonché i criteri per  stabilire se un trattamento “possa presentare un rischio elevato” ai sensi del regolamento 2016/679” – WP248rev.01 del 4 ottobre 2017). Può essere il caso, ad esempio, dei sistemi integrati – sia pubblici che privati – che collegano telecamere tra soggetti diversi nonché dei sistemi intelligenti, capaci di analizzare le immagini ed elaborarle, ad esempio al fine di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali, segnalarli, ed eventualmente registrarli. La valutazione d’impatto sulla protezione dei dati è sempre richiesta, in particolare, in caso di sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico (art. 35, par. 3, lett. c) del Regolamento) e negli altri casi indicati dal Garante (cfr. “Elenco delle tipologie di trattamenti soggetti al requisito di una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati ai sensi dell’art. 35, comma 4, del Regolamento (UE) n. 2016/679” dell’11 ottobre 2018).

8) Si possono installare telecamere all’interno degli istituti scolastici?

Si rinvia al riguardo alle FAQ sulla scuola disponibili al link https://www.garanteprivacy.it/home/faq/scuola-e-privacy.

9) Il datore di lavoro pubblico o privato può installare un sistema di videosorveglianza nelle sedi di lavoro?

Sì, esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in materia di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo (art. 4 della l. 300/1970).

10) L’installazione di sistemi di videosorveglianza può essere effettuata da persone fisiche per fini esclusivamente personali, atti a monitorare la proprietà privata?

Sì. Nel caso di videosorveglianza privata, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), l’angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, parti comuni delle autorimesse) ovvero a zone di pertinenza di soggetti terzi. È vietato altresì riprendere aree pubbliche o di pubblico passaggio.”

11) Quali sono le regole per installare un sistema di videosorveglianza condominiale?

È necessario in primo luogo che l’istallazione avvenga previa assemblea condominiale, con il consenso della maggioranza dei millesimi dei presenti (art. 1136 c.c.). È indispensabile inoltre che le telecamere siano segnalate con appositi cartelli e che le registrazioni vengano conservate per un periodo limitato. Valgono al riguardo le osservazioni di cui alla FAQ n. 5. In ambito condominiale è comunque congruo ipotizzare un termine di conservazione delle immagini che non oltrepassi i 7 giorni.

12) Si possono utilizzare telecamere di sorveglianza casalinghe c.d. smart cam?

Sì. Il trattamento dei dati personali mediante l’uso di telecamere installate nella propria abitazione per finalità esclusivamente personali di controllo e sicurezza, rientra tra quelli esclusi dall’ambito di applicazione del Regolamento. In questi casi, i dipendenti o collaboratori eventualmente presenti (babysitter, colf, ecc.) devono essere comunque informati dal datore di lavoro. Sarà comunque necessario evitare il monitoraggio di ambienti che ledano la dignità della persona (come bagni), proteggere adeguatamente i dati acquisiti (o acquisibili) tramite le smart cam con idonee misure di sicurezza, in particolare quando le telecamere sono connesse a Internet, e non diffondere i dati raccolti.

13) I Comuni possono utilizzare telecamere per controllare discariche di sostanze pericolose ed “eco piazzole” per monitorare le modalità del loro uso, la tipologia dei rifiuti scaricati e l’orario di deposito?

Sì, ma solo se non risulta possibile, o si riveli non efficace, il ricorso a strumenti e sistemi di controllo alternativi e comunque nel rispetto del principio di minimizzazione dei dati. In tal caso, l’informativa agli interessati può essere fornita mediante affissione di cartelli informativi nei punti e nelle aree in cui si svolge la videosorveglianza, che contengano anche indicazioni su come e dove reperire un testo completo contenente tutti gli elementi di cui all´art. 13 del Regolamento (cfr. precedente FAQ n. 4). Non è invece previsto o consentito che tale monitoraggio sia posto in essere da soggetti privati.

14) Si può utilizzare un sistema di videosorveglianza per trattare categorie particolari di dati?

Se le riprese video sono trattate per ricavare categorie particolari di dati, il trattamento è consentito soltanto se risulta applicabile una delle eccezioni di cui all’art. 9 del Regolamento (ad esempio, un ospedale che installa una videocamera per monitorare le condizioni di salute di un paziente effettua un trattamento di categorie particolari di dati personali).

In via generale, ogniqualvolta si installa un sistema di videosorveglianza si dovrebbe prestare particolare attenzione al principio di minimizzazione dei dati. Pertanto, il titolare del trattamento deve in ogni caso sempre cercare di ridurre al minimo il rischio di acquisire filmati che rivelino altri dati a carattere sensibile, indipendentemente dalla finalità.

Il trattamento di categorie particolari di dati richiede una vigilanza rafforzata e continua su taluni obblighi, ad esempio un elevato livello di sicurezza e una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, ove necessario (cfr. FAQ n. 7).

15) I sistemi elettronici di rilevamento delle infrazioni inerenti violazioni del codice della strada vanno segnalate da cartello/informativa?

Sì. I cartelli che segnalano tali sistemi sono obbligatori, anche in base alla disciplina di settore. L’utilizzo di tali sistemi è lecito se sono raccolti solo dati pertinenti e non eccedenti per il perseguimento delle finalità istituzionali del titolare, delimitando a tal fine la dislocazione e l’angolo visuale delle riprese. La ripresa del veicolo non deve comprendere (o deve mascherare), per quanto possibile, la parte del video o della fotografia riguardante soggetti non coinvolti nell’accertamento amministrativo (es. eventuali pedoni o altri utenti della strada). Le fotografie o i video che attestano l’infrazione non devono essere inviati al domicilio dell’intestatario del veicolo, ma l’interessato, ossia la persona eventualmente ritratta nelle immagini, può richiederne copia oppure esercitare il diritto di accesso ai propri dati (fermo restando che dovranno essere opportunamente oscurati o resi comunque non riconoscibili i passeggeri presenti a bordo del veicolo).

16) Ci sono casi di videosorveglianza in cui non si applica la normativa in materia di protezione dati?

Sì. La normativa in materia di protezione dati non si applica al trattamento di dati che non consentono di identificare le persone, direttamente o indirettamente, come nel caso delle riprese ad alta quota (effettuate, ad esempio, mediante l’uso di droni). Non si applica, inoltre, nel caso di fotocamere false o spente perché non c’è nessun trattamento di dati personali (fermo restando che, nel contesto lavorativo, trovano comunque applicazione le garanzie previste dall’art. 4 della l. 300/1970) o nei casi di videocamere integrate in un’automobile per fornire assistenza al parcheggio (se la videocamera è costruita o regolata in modo tale da non raccogliere alcuna informazione relativa a una persona fisica, ad esempio targhe o informazioni che potrebbero identificare i passanti).

Atti del webinar 19.03.21 Superbonus e Rendiconto
22 Mar

Alleghiamo le slide relative agli interventi degli Avv. Maurizio Voi e Avv. Matteo Carcerereri in occasione del webinar di aggiornamento professionale del 19 Marzo 2021 organizzato da ANACI Verona in collaborazione con Voi Carcereri Associati Studio Legale:

Dal “tagliaerba” al “bilancio d’esercizio di condominio”
19 Mar

Ritengo che sia giunto il momento di un serio e meditato approfondimento sul “bilancio di condominio” così come delineato all’art. 1130bis e nelle attribuzioni dell’amministratore art.1130 n.7 (registro di contabilità); n.10 (redazione del rendiconto).

E l’approfondimento deve innanzitutto passare sia da una nuova considerazione del documento contabile finale (per ora definiamolo così), rectius rendiconto che l’amministratore deve mettere a disposizione dei propri amministrati alla fine della gestione amministrativa del condominio, sia dalla necessaria assunzione di una nuova terminologia da utilizzare nella comunicazione degli strumenti informativi interni ed esterni che si riferiscono, appunto, al documento contabile finale.

Non è semplice, ci sono da abbattere barriere e vecchie abitudini, confrontarsi, come ha evidenziato Andrea Garbo, con delle professionalità che si formano alla scienza aziendalistica e che, se chiamate a valutare il documento contabile del condominio, lo interpretano secondo quei principi, con risultati troppo spesso pericolosi per gli amministratori.

E nel frattempo irrompe la giurisprudenza in materia (spesso non presa in debita e seria considerazione) che indica i suoi principi contaminando semplicisticamente il rendiconto di condominio con i principi del bilancio d’ esercizio delle società di capitali.

Chiari esempi sono l’ordinanza n.33038/18 della Cassazione (estensore Scarpa); la sentenza 3061/2021 del Tribunale di Roma; la sentenza 9/2021 del Tribunale di Civitavecchia, facilmente reperibili in rete e nella rivista “www.quotidianocondominio.ilsole24ore.com”, dove è detto che se il rendiconto di condominio non è accompagnato dal registro di contabilità, l’assemblea che lo approva è invalida.

È un allert importante (e chi scrive non lo condivide) da tenere a mente; ciò ha innescato un serio dibattito all’interno del Centro Studi regionale.

È ancora corretto definire il documento contabile di condominio come rendiconto?

Perché il legislatore del 2012 ha innestato nell’art.1130bis del codice civile –rendiconto-, anche un sistema informativoche comprende  altri documenti di corredo.

E’ scritto che esso si compone di un registro di contabilità, di riepilogo finanziario, nonché di una nota sintetica esplicativa della gestione con l’indicazione dei rapporti in corso e delle questioni pendenti.

L’indicazione è superficiale e malamente importata da altre norme del codice civile;  ignora i principi legali basilari di bilancio, così  ingenera solo confusione.

Ciò che si vuole affermare, allora, è che o si fa riferimento a principi giuridici presenti nel codice civile per il bilancio, magari semplificandoli per il condominio, ovvero si muta radicalmente l’approccio scientifico e si crea per l’istituto un nuovo ed originale modello contabile.

 Basti pensare che nell’art. 1130bis vi è il richiamo anche alla situazione patrimoniale -ma sarebbe corretto- stato patrimoniale (art.2424 c.c.).

Al contrario la situazione (rectius: stato) patrimoniale dovrebbe essere una delle componenti del documento contabile finale, per non parlare di fondi e riserve.

Proprio per il riferimento alle suddette tre parti inscindibili e complementari, il legislatore avrebbe dovuto scrivere nella rubrica dell’art. 1130bis c.c.: “bilancio d’esercizio di condominio” o “bilancio di condominio”. E così, da ora, suggerisco che venga indicato, perché se proprio dobbiamo riferirci o prendere ad esempio gli articoli del codice che parlano del bilancio delle società (Libro V, Titolo V, Sezione IX) la rubrica dell’art. 2423 c.c. è intitolata “redazione del bilancio” e al primo comma dispone che “gli amministratori redigono il bilancio d’esercizio costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa.”

In entrambi i casi siamo difronte a componenti inscindibili e complementari ex lege di un bilancio d’esercizio e allora perché per il condominio continuiamo a chiamarlo rendiconto?

Il tempo dell’antica giurisprudenza sul rendiconto-bilancio di condominio è passato e le prescrizioni scritte nell’art. 1130bis ci portano a scollinare dagli antichi arresti.

Uno sguardo anche ad una delle edizioni recenti del Codice del Condominio (ed. la Tribuna, 2016) ci fa capire come il granitico riferimento al rendiconto veniva incrinato alla sottovoce attribuzioni (dell’amministratore) c-6 che veniva intitolata: “Rendiconto/Bilancio”.

D’altra parte, a ben riguardare, l’iniziale impostazione del documento contabile di condominio come rendiconto che si specificava nella sufficienza ed idoneità delle voci di entrata ed uscita, con le quote di ripartizione, in modo tale da “renderle intellegibili ai condomini” (cass. 3231/84; 3747/94) si sia negli anni, man mano affinata, con l’individuazione anche di altri principi come l’indicazione delle “quantità e qualità dei frutti percetti, l’indicazione delle somme incassate, dell’entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentano di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito” (cass.9099/2000).

Cos’altro non sono quelle indicazioni se non: lo stato patrimoniale, il conto economico, il rendiconto finanziario e la nota integrativa?

La semantica delle componenti universalmente riconosciute del bilancio d’esercizio presenti negli articoli di riferimento del codice civile per le società, è stata “copiata” con troppa approssimazione e confusione e senza costruzione di precise poste nell’articolo 1130bis.

Così la giurisprudenza decide che se manca il registro di contabilità, che per le società è documento interno dal quale poi si costruiscono il conto economico e la gestione finanziaria, la delibera è annullabile (vedi giurisprudenza sopra citata), perché è proprio da quest’ultimo registro che sono soddisfatte: “le esigenze informative e contabili” con richiamo all’attribuzione di cui all’art. 1130 n.7 c.c. (Trib. Roma, 3061/2021).

Il che non è del tutto vero a meno che, il principio che si voglia far passare, senza dirlo, è che solo dal registro di contabilità il condomino può vedere cosa abbia combinato realmente l’amministratore dei fondi messi a sua disposizione.

Ma a ben leggere la sentenza da ultimo citata non è nemmeno così perché se in pratica è dall’estratto conto che si può verificare come le uscite corrispondano alle effettive spese erogate e documentate fiscalmente, così come il versamento delle quote da parte dei condomini (scrittura contabile) ed accertare se qualche somma in uscita ha “preso una via diversa” (ma di certo non comparirebbe, ho sarebbe “mascherata”), la sentenza esclude che gli estratti conto soddisfino le esigenze informative contabili.

“C’è da perdersi”? Si.

E’ allora necessario iniziare a parlare una lingua comune e comunque riconosciuta anche nel campo della scienza aziendalistica, con le opportune semplificazioni, ma precise indicazioni sulle poste, con riferimento al documento finale contabile dell’esercizio di condominio.

Per l’intento del legislatore l’art. 1130bis c.c. deve essere considerato come riferentesi al bilancio di condominio o bilancio di esercizio di condominio.

Il telepass per l’approvazione è la sua struttura che è composta dallo stato patrimoniale, conto economico, rendiconto finanziario e nota integrativa. Ma interpretate per l’esigenza del bilancio d’esercizio del condominio.

Così se il condominio vuole comprare un tagliaerba per il grande giardino, esso rientrerebbe nello stato patrimoniale nel prospetto “attivo” e la “posta” ove inserirlo sarebbe “immobilizzazioni immateriali” come “macchinario” o “attrezzatura” con il valore di stima presunta.

Ma l’articolo 2424 c.c. è stato scritto per le società di capitali il cui scopo è il lucro, mentre il condominio non è né persona giuridica ne ha lo scopo di lucro e allora? Non comprate un tagliaerba.

Con il prossimo intervento vedremo come conciliare i suddetti elementi che compongono il bilancio di condominio, con le espressioni semplificate nel primo comma dell’art. 1130bis c.c., tentando la costruzione di una scienza sulla contabilità di condominio.

Maurizio Voi

Sovraindebitamento/1 un quadro generale
03 Feb

Se ne può uscire con dignità

Prima o dopo andranno a scadenza le moratorie sui prestiti, finirà il blocco dei licenziamenti e la situazione diventerà drammatica specialmente per le famiglie ed i piccoli imprenditori ai quali sarà richiesto di rientrare dei loro debiti e sullo sfondo lo spettro dell’esecuzioni mobiliari o immobiliari magari sulla prima casa.

In un articolo del 26 gennaio 2021, apparso nella pagina Economia del Corriere della Sera, la stima è che in Italia ci siano 1,8 milioni di famiglie con debiti eccessivi o ormai in sovraindebitamento.

Ancora pochi sanno che lo Stato Italiano dal 2012 ha introdotto una procedura, a dire il vero un po’ complessa, che consente di ridurre o, in alcuni casi addirittura cancellare, il fardello dei debiti che affliggono i debitori.

La legge 3 del 2012 ha introdotto degli strumenti per ristrutturare i debiti di alcune particolari categorie di soggetti in stato di crisi o insolvenza finanziaria.

Le norme della legge 3/2012 sono state novellate dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) (d.lgs. 14/2019) e ancora recentemente dal c.d. Decreto Ristori (legge 176/2020) entrate in vigore il 25 dicembre 2020, mentre l’entrata in vigore del CCII è fissata per al 1° settembre 2021.

Lo Stato italiano vuole quindi porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento di quei soggetti non imprenditori o imprenditori  non soggetti né assoggettabili alle classiche procedure concorsuali.

Ci si trova così difronte a concetti, definizioni e procedure complesse che necessariamente richiedono un’adeguata preparazione giuridico-economica per comprenderne la portata e la possibilità d’utilizzo e uscire così dall’oppressione debitoria.

A guidare i soggetti in difficoltà fuori dal tunnel ci sono gli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento (OCC) che hanno sede nel circondario del Tribunale, di norma, capoluogo di provincia. Il professionista che in pratica svolge tutte le attività necessarie a traghettare il consumatore verso l’uscita dal tunnel è il gestore della crisi che deve essere in possesso di particolari requisiti richiesti dalla alla legge.

Comprendere i termini essenziali

Alla situazione di persistente sbilancio patrimoniale che consente di attivare la procedura di cui ci occupiamo, è soggetto il consumatore, inteso come la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, ma per i debiti estranei a quelli sociali.

Ammessi alle procedure sono anche i soggetti non fallibili come: l’imprenditore agricolo, l’imprenditore commerciale sotto-soglia, l’imprenditore commerciale sopra–soglia ma con debiti inferiori a €. 30 mila, l’imprenditore cessato da oltre un anno, l’erede dell’imprenditore defunto, l’artista e gli altri lavoratori autonomi, le associazioni e le società tra professionisti, gli enti privati non commerciali.

Il sovraindebitamento, secondo la definizione dellalegge 3/2012è la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.

E’ una definizione complessa e composta di più nozioni giuridico-economiche come: a) perdurante squilibrio; b) obbligazioni assunte; c) patrimonio prontamente liquidabile; d) rilevante difficoltà ad adempiere; e) definitiva incapacità ad adempiere regolarmente.

In pratica il perdurante squilibrio è lo sbilanciamento tra le entrate (es. stipendio, rendita ecc.) e le uscite patrimoniali (es. mutui, affitti, spese correnti) che dura nel tempo ma che sarà anche destinato a durare nel tempo e ciò può portare i creditori più esposti ad intraprendere azioni giudiziarie per il recupero del credito ritenendo i debiti scaduti una sofferenza non più tollerabile.

L’inizio di un’azione giudiziaria come un decreto ingiuntivo e la conseguente azione esecutiva da inizio ad una spirale perversa che attrae tutti i creditori che si mettono in fila per riuscire a recuperare quanto più possibile il credito.

Ma la rilevante difficoltà, che è diversa dalla definitiva incapacità, indica uno stato di crisi, di insolvenza reversibile, un rischio. Ed è il rischio testé accennato che deve portare il soggetto in difficoltà ad attivare quelle procedure preventive previste dalla legge 3/2012 che permettono di congelare la situazione economica del soggetto in difficoltà e, con i giusti strumenti operativi, porvi rimedio.

Con una proposta detta accordo o piano del consumatore, con l’ausilio del gestore nominato dall’ OCC, si può prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri (art.8, l.3/2012).

Si può anche intervenire con la falcidia e la ristrutturazione dei debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del trattamento di fine rapporto o della pensione e dalle operazioni di prestito su pegno (art. 8 comma 1bis, l.3/2012), salvo alcune eccezioni.

Le operazioni si svolgono sotto il controllo del Tribunale che, valutati i requisiti, omologa l’accordo.

Il sovraindebitamento deve però essere incolpevole, cioè le cause che lo hanno generato dovranno essere state impreviste ed imprevedibili e il debitore non deve aver concorso colposamente a determinare la crisi anche con uno sproporzionato ricorso al credito (a.9, l.3/2012).

E’ il concetto di meritevolezza del creditore che è stato meglio chiarito dall’ art.4-ter del d.l. ristori, come l’assenza di atti in frode e nella mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell’indebitamento.

Omologato l’accordo, tutelata la par condicio creditorum, il gestore sovraintende la procedura e il debitore non potrà mai operare pagamenti in violazione dell’accordo o del piano del consumatore.

L’ extrema ratio

Con la liquidazione del patrimonio del debitore, questi può chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni (art. 14-ter, l.3/2012) e con il ricavato della vendita, soddisfare una volta per tutte i creditori.

Infine con la procedura di esdebitazione senza utilità ildebitore, persona fisica, ritenuto non in grado di offrire alcun rimborso ai creditori, nemmeno in una prospettiva futura (art.14-quaterdecies, l.3/2012), per una volta sola nella sua vita, potrà liberarsi di tutti i suoi debiti.

Se però nel corso dei quattro anni successivi dal decreto del giudice sopravvengano utilità rilevanti che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al 10%, la procedura potrà essere riaperta e procedere con un piano per il parziale pagamento dei creditori.

Maurizio Voi

110Superbonus, General Contractor e amministratore di condominio – trailer.
20 Gen

Chiarito anche dall’ Agenzia delle Entrate che le prestazioni del general contractor non possono essere assimilate a quelle dell’amministratore immobiliare è necessario specificare quale sia la figura di questo soggetto e le sue attività, visto il richiamo ricorrente al nomen in materia di 110Superbonus.

Generale contractor, in italiano contraente generale è una figura giuridica prevista dall’ articolo 194 del decreto legislativo 18.4.2016 n.50 – che è il “Codice dei contratti pubblici” che è appunto intitolato: affidamento a contraente generale.

Esso è un soggetto giuridico previsto e regolato per l’affidamento ed esecuzione delle opere pubbliche e fin da subito è importante chiarire che le norme non possono trovare operatività per i contratti privati d’appalto che rimangono regolati dagli articoli 1655-1677 del codice civile.

Nell’appalto il soggetto che si obbliga ad eseguire l’opera o il servizio è detto appaltatore (art.1655 c.c.).

Entrambi per assumere validamente l’incarico dell’opera devono saper e poter organizzare i mezzi necessari per l’esecuzione dell’opera.

L’ art.194 del codice appalti richiede che il GC abbia adeguata capacità organizzative, tecnico-realizzativa e finanziaria per la realizzazione con qualsiasi mezzo dell’opera, l’art.1655 del c.c.  qualifica l’appaltatore come colui che assume con organizzazione di mezzi e gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera.

In entrambi i casi può essere previsto il poter incaricare terzi per la realizzazione di parti del progetto: è il subappalto nel caso “appalto privato” art.1656 c.c., affidamento a soggetti terzi nel codice dei contratti pubblici (art.194 comma 7).

In entrambi i casi la responsabilità per l’esatta esecuzione dell’appalto rimane in capo all’appaltatore o al  GC che quindi deve fornire il c.d. “pacchetto completo” a regola d’arte.

Questa semplice schematizzazione di cornice serve per comprendere alcune cose importanti nell’ambito dei lavori 110Superbonus nel condominio al di là della qualificazione o terminologia economico-giuridica che si voglia dare al titolo per il cartellone e ai vari attori della commedia che sarà allestita, o se vogliamo “serie”.

L’amministratore non può mai essere un GC o appaltatore poiché egli è un professionista che esercita un’attività intellettuale e non un’ impresa che deve essere dotata di organizzazione di mezzi necessari, capacità tecnico-realizzativa e finanziaria per la messa in opera degli interventi.

Egli si pone all’esterno come deus ex machina ed è chiamato a coordinare le varie situazioni che potrebbero capitare durante l’esecuzione.

Ma per far ciò deve essere cosciente di avere una conoscenza specifica di ciò che accadrà e cosa di potrà accadere perché, in fin dei conti, è colui che su mandato dell’assemblea firmerà il contratto d’appalto.

Alcune regole tratte dall’ art.194 posso così divenire utili per il nostro deus come l’attenzione al progetto esecutivo, sulla nomina dei professionisti, sorveglianza sulle opere e sulla sicurezza, varianti di progetto, affidamento dei lavori a terzi poiché alla fine il soggetto da tutelare sono i clienti-condomini.

Allora l’attenzione che il legislatore ha posto nei 20 commi dell’art. 194 per affidare al GC le opere pubbliche può tornare utile come schema per verificare che colui che si propone come contraente generale per la realizzazione degli interventi di efficientamento energetico in condominio abbia previsto ogni aspetto dell’opera che andrà ad eseguire.

E qui l’attenzione deve essere massima perché mentre per le opere pubbliche vi è un soggetto che si aggiudica l’appalto il quale affida al GC la realizzazione, è sempre il soggetto aggiudicatore che deve provvedere al controllo e alla nomina dei vari professionisti.

Traslare de plano tutto al GC o appaltatore potrebbe comportare dei problemi tra esecutori, controllori (appalto) e certificatori finali (superbonus).

Vi è da chiedersi se è corretto che tutti gli attori della commedia possano essere nominati dal GC perché è chiaro nell’art.194 che ciò non è possibile rimanendo, in estrema sintesi, in capo al GC la realizzazione pura e in capo all’aggiudicatore il controllo con i professionisti all’uopo incaricati.

In più con il 110Superbonus entrano in sciena altri soggetti e subito vi è da chiedersi a chi rispondono?  Al GC /appaltatore o al committente?

Se come crediamo la risposta è al committente (anche in funzione della polizza assicurativa) è il nostro deus ex machina che dovrà avere un controllo su di loro, che poi si riflette sulla correttezza delle opere per i clienti-condomini e quindi sulla possibilità di detrazione o cessione del credito.

Mutuando dalle serie televisive, la “stagione 1” prevede un episodio sul conflitto d’interessi ex art.1394 c.c.?

Perché se fosse così un possibile finale sarebbe l’invalidità del contratto.

Maurizio Voi

Ingiunzione di pagamento ex art.63 disp. att. c.c. e “Mediazione obbligatoria”.
20 Gen

L’amministratore deve sempre convocare l’assemblea per proseguire nel recupero delle spese in caso di opposizione al Decreto Ingiuntivo.

A metà settembre 2020 la Corte di cassazione a sezioni unite con la sentenza 19596/2020 ha stabilito che “Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo relativo a controversie soggette a mediazione obbligatoria, una volta decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione grava sulla parte opposta; con la conseguenza che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità dell’opposizione conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo”.

Significa che, proposto dall’amministratore del condominio il decreto ingiuntivo ex art.63 disp. att. c.c. per riscuotere i contributi delle spese condominiali dal proprietario moroso, qualora il condomino si dovesse opporre all’ ingiunzione, è il Condominio che deve attivare il procedimento di mediazione obbligatoria anche in questa materia (D.Lgs. n. 28/2010, art. 5 4° comma).

Diverse e delicate anche sotto il profilo della responsabilità professionale, sono le conseguenze della mancata attivazione del procedimento di mediazione: dalla pronuncia di improcedibilità del DI alla sua revoca.

Così il condominio dovrà attivare una nuova ingiunzione ma (e qui sta il punto) anche dover sopportare le spese legali di soccombenza.

L’amministratore dovrà quindi sempre essere assistito da una delibera ex art.71 quater disp. att. c.c. che lo autorizzi a promuovere il giudizio di mediazione nel recupero delle spese per la gestione del condominio.

E qui si apre un altro delicato scenario.

L’art. 71 quater disp. att. c.c., dispone che per le controversie nelle materie regolate dalle norme sul procedimento di mediazione, deve essere proposta la relativa domanda a pena di inammissibilità dell’azione.

La domanda deve essere autorizzata dall’assemblea con il quorum dei presenti e almeno 500 millesimi.

Se è vero, allora, che l’amministratore non ha bisogno di autorizzazione dell’assemblea per il recupero coattivo delle spese, è anche vero che, il richiamo dell’art. 5 comma 1 sulla mediazione obbligatoria è all’intero Capo II del Libro Terzo del codice civile (cioè artt. 1117-1139) dedicato al condominio, quindi anche al recupero del credito (art. 1129 n.3) c.c.) che con il raccordo delle disposizioni di attuazione (art.63) diviene controversia legale.

La conseguenza è che l’amministratore deve ora sempre essere autorizzato dall’assemblea a procedere in mediazione in caso di opposizione al DI.

Può l’autorizzazione essere preventiva e generale per tutti i recuperi o ad ogni opposizione deve seguire un’apposita assemblea che autorizzi la mediazione?

E’ nostro parere, che l’assemblea, ogni anno, debba autorizzare preventivamente l’amministratore ad attivare il procedimento di mediazione in caso di opposizione al decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c.

L’amministratore, ogni anno, in sede di convocazione dell’assemblea ordinaria, dovrà inserire all’ordine del giorno, un preciso punto ed ottenere il disco verde dell’assemblea a maggioranza dei presenti e almeno 500 millesimi.

In caso contrario, ad ogni opposizione al DI, dovrà seguire un’assemblea appositamente convocata.

In mancanza si profila all’orizzonte una responsabilità dell’amministratore per la soccombenza alle spese di causa che certamente seguiranno la pronuncia di improcedibilità della domanda in seguito al principio di diritto ormai scolpito dalle sezioni unite.

Maurizio Voi

Le maggioranze per l’approvazione dell’efficientamento energetico 110% superbonus in condominio
20 Gen

1.Premessa di metodo. – 2.Il principio della maggioranza per la validità delle delibere dell’assemblea dei condomini. –  3.Le maggioranze per l’approvazione degli   incentivi per l’efficienza energetica 110superbonus. – 3.1 La maggioranza per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119superbonus. – 3.2 La maggioranza per l’approvazione dell’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121. – 4.Conclusioni e spunti operativi.

1.Premessa di metodo

In questo lavoro sull’analisi delle maggioranze dell’assemblea dei condomini per l’approvazione degli interventi 110supernbonus, adesione all’opzione dello sconto in fattura, cessione del credito o adesione agli eventuali finanziamenti, si farà riferimento alla norma finale, intesa come quella divenuta legge dello stato, tralasciando i rifermenti ai precedenti atti normativi di carattere provvisorio avente forza di legge[1] e ciò al fine di semplificarne la comprensione o l’eventuale consultazione.

In nota si rimanderà comunque al testo attualmente in vigore. Non si farà riferimento ad eventuali emendamenti tutt’ora in discussione davanti alle commissioni parlamentari.

2. Il principio della maggioranza per la validità delle delibere dell’assemblea dei condomini

Noto che l’art.1136 c.c. prevede diversi quorum sia per la valida costituzione dell’assemblea che per la validità delle delibere, distingue l’assemblea in prima da quella in seconda convocazione. La ragione è una sola: “la possibilità che alla prima riunione non intervenga il numero di condomini richiesto nel primo comma dell’art.1136 c.c.”[2]

L’attento legislatore dell’epoca voleva evitare che uno sparuto gruppo di condomini potesse essere considerato sufficiente per deliberare su determinati oggetti vincolando così gli assenti o dissenzienti ex art.1137 c.c.

Il lungo percorso evolutivo del condominio ha visto la riduzione delle storiche maggioranze c.d. qualificate (maggioranza dei presenti in assemblea in rappresentanza almeno di 500 millesimi o maggioranza dei partecipanti al condominio e 2/3 del valore dei millesimi) per le delibere di ricostruzione o lavori di notevole entità per l’edificio ovvero innovazioni.

Per arrivare, con la riforma dell’istituto[3], a prevedere anche il quorum per la valida costituzione dell’assemblea in seconda convocazione[4].

Da ricordare anche alcune leggi speciali, ad esempio la legge 10/91 che, all’art.26, per gli interventi sul contenimento energetico negli edifici prevede una delibera a maggioranza semplice: maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.[5]

I principi contenuti nell’art.1136 sono semplici e di facile comprensione: una delibera è validamente adottata ed obbligatoria per tutti i condomini se, rispettato il quorum di costituzione ottiene la c.d “doppia maggioranza” di teste e millesimi e tale maggioranza supera quella espressa dai condomini contrari.

Discussioni non ve ne possono essere già la Corte di cassazione con una cristallina pronuncia del 11 gennaio 1966 n.202, commentata dal Salis[6], ne aveva chiarito il significato.

Il principio della “doppia maggioranza” (teste e millesimi) è inderogabile, l’art. 1136 c.c. non può essere derogato nemmeno da un regolamento di condominio c.d. di “origine contrattuale”, ciò è prescritto dall’art.1138 3° co. c.c.[7]

E’ altresì noto che le maggioranze per le delibere dell’assemblea dei condomini regolano e quindi vincolano i condomini per tutto ciò che attiene all’ amministrazione e gestione dei beni e servizi comuni come indicato dall’art.1135 c.c. che è “norma di rinvio” in quanto richiama, per le attribuzioni dell’assemblea, anche altri articoli del codice in materia di condominio che regolano i suddetti oggetti[8].

Sono gli “articoli precedenti” il 1135 c.c. e si comprende la sua collocazione, alla fine delle norme sui beni e servizi comuni, ripartizione delle spese comuni, sopraelevazione, amministratore, iniziative individuali sui beni comuni.

Chiude il sistema di gestione sulle cose ed attività comuni e indica che solo l’assemblea è legittimata ad adottare decisioni vincolanti.

I diritti di proprietà o particolari convenzioni a favore del singolo, anche cristallizzati in un regolamento di condominio non possono essere oggetto di delibera. L’eventuale delibera sarebbe affetta da nullità.

3. Le maggioranze per l’approvazione degli   incentivi per l’efficienza energetica 110superbonus

L’articolo 119 della legge 17 luglio n.77[9], più volte modificato introduce gli “Incentivi per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici”, le analisi del complesso articolato e di quelli successivi sono oggetto di altri interventi di questo lavoro.

Per il tema d’indagine assegnato diamo conto del comma 9-bis[10] che prevede la maggioranza semplificata degli intervenuti in assemblea e almeno un terzo dei millesimi per l’approvazione degli interventi di efficientamento energetico e adesione all’opzione dello sconto in fattura, cessione del credito o adesione agli eventuali finanziamenti.

Questa disposizione ha avuto l’effetto di una deflagrazione solare perché non vi è riferimento al totem del quorum costitutivo.[11] Ma è la prima volta che l’architettura dell’assemblea è modificata a prescindere dalla prima o seconda convocazione?

Andando con ordine:

è prevista la maggioranza semplice per l’approvazione degli interventi di cui all’articolo 119 commi 1 lettere a,b,c della legge 77/2000;

– è prevista la maggioranza semplice per l’approvazione all’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 sempre della legge 77/2020.

3.1 La maggioranza per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119superbonus

Come richiamato nel paragrafo 2, già il legislatore che è intervenuto a modificare l’art.26 comma 2 della legge 10/91[12] aveva modificato nel 2005, poi nel 2006 e infine nel 2012[13] la maggioranza per l’approvazione dei lavori, prevedendola semplice.

Tenuto conto che nel dettato normativo dell’art. 119, 110superbonus, come, a suo tempo per la l’art.26, 2 co., L.10/91 è espressamente previsto che: “le deliberazioni (…) sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio” ciò che conta è il quorum deliberativo a prescindere che l’assemblea di condomini si pronunci in prima o seconda convocazione.

Ricordato comunque che, quando la legge parla di “intervenuti”, si riferisce ai condomini presenti in assemblea e non a tutti i partecipanti al condominio.

Quindi non conta in che tipo di seduta è riunita l’assemblea, conta la maggioranza di approvazione e tale maggioranza deve essere superiore ai contrari.

E in merito risulta interessante richiamare un vecchio arresto della Corte di cassazione per cui: “Per la validità delle deliberazioni in materia di condominio la legge richiede in ogni caso che esse siano prese a maggioranza di voti, per cui in tanto una deliberazione diventa obbligatoria per tutti i condomini, compresi i dissenzienti, in quanto il numero di coloro che hanno votato a favore, e le entità degli interessi da essi rappresentati, superino il numero dei condomini che hanno votato contro”[14].

Questa maggioranza è   necessaria per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119.

Gli interventi sono quelli previsti al comma 1. Lett. a,b,c, e sono il risultato finale a cui mira la norma: es., che sia effettuato l’isolamento termico dell’edificio, ovvero siano sostituiti gli impianti di climatizzazione invernale esistenti.

La delibera di approvazione dell’assemblea è diretta al risultato dell’appalto che sarà conferito.

E poiché, noto, che per arrivare al risultato finale vi è la necessità, nel caso più semplice del general contractor, comunque dell’affidamento dell’incarico per lo studio di fattibilità che è prodromico, con la successiva attestazione, alla possibilità finale di ottenere le agevolazioni fiscali, anche tale incarico, essendo parte necessaria dell’intervento prescelto, sarà approvato con la maggioranza semplice.

Lo stesso dicasi se l’appalto viene affidato a più soggetti: società appaltatrice, Direttore Lavori, Tecnici Asseveratori[15], ivi compreso il compenso per l’amministratore ovvero di tutti gli altri professionisti chiamati a supervisionare gli interventi.

Un utile richiamo è nella lettura delle sentenze della Corte di cassazione che si sono occupate, al tempo, della trasformazione degli impianti di riscaldamento centrale in unifamiliari ai sensi dell’art. 26 co.2, della L.10/91.

La giurisprudenza ha sempre ritenuto che per la valida approvazione dell’intervento a maggioranza semplice non fosse necessaria la presenza dei progetti e relazioni tecniche di conformità[16][17].

Sorgono dubbi sulla maggioranza per i c.d. lavori trainati poiché potrebbero riguardare interventi all’interno delle proprietà esclusive o contaminare, anche parzialmente, l’aspetto architettonico dell’edificio.

Nel primo caso, nulla quaestio, la maggioranza non può pronunciarsi.

Nel secondo caso si può ipotizzare che la maggioranza prevista per il 110superbonus, superi quella prevista dall’art. 1122 c.c., considerando che il legislatore con l’art. 119 ha previsto un particolare quorum deliberativo per tutti gli interventi necessari all’efficientamento energetico del condominio, così l’eventuale modifica del l’iniziale decoro architettonico, appunto perché conseguenza di un’importante intervento migliorativo, non può soggiacere, per l’autorizzazione, all’astratta  previsione dell’art. 1122.

3.2 La maggioranza per l’approvazione dell’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 e richiesta finanziamenti

Lo scenario cambia bruscamente al momento della decisione sul pagamento degli interventi con l’opzione fiscale prevista dall’art.121 L. 77/2020, ovvero richiesta di finanziamenti.

Anche per le opzioni e cioè la cessione del credito, sconto in fattura o richiesta di finanziamenti è stata introdotta la maggioranza semplice.

Il beneficio però è un diritto potestativo del singolo condomino, cioè la situazione giuridica soggettiva che consiste nell’attribuzione di un potere a un soggetto allo scopo di tutelare un suo interesse.

Esso si contrappone, pertanto, alla potestà nella quale il potere è attribuito ad un soggetto a tutela di un interesse altrui (nel nostro caso l’assemblea dei condomini).

Il che porta alla questione di fondo: l’assemblea dei condomini è un soggetto che interviene nella tutela di un interesse collettivo e cioè l’efficientamento energetico dell’edificio che si riflette su tutti i condomini?

L’assemblea che è l’organo collegiale del condominio esprime una volontà collettiva dei partecipanti e non può esprimersi per finalità extracondominiali.

Le singole volontà, quindi, non si fondono, non si sommano mai per la formazione della volontà unica dell’organo. Ogni condominio è portatore di un proprio interesse che, unito a quello degli altri, costruisce il decisum poi obbligatorio[18].

Questi i presupposti indiscussi della formazione della volontà per le delibere dell’assemblea dei condomini.

Ora prevedere una maggioranza che vincoli una minoranza a cedere un credito a terzi, ovvero accedere ad un finanziamento stride con i principi fondamentali richiamati.

Il disposto dell’art. 121 L.77/2020 appare chiaro nel senso di indicare espressamente nei “soggetti che sostengono negli anni…, spese per gli interventi elencati al comma 2…” la facoltà della cessione del credito.[19]

La cessione del credito è prevista e regolata dall’art.1260 c.c. in forza del quale il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito.

La cessione è un contratto a struttura bilaterale, con efficacia traslativa immediata tra un soggetto (il cedente) e un altro soggetto (il cessionario) e determina la successione del secondo al primo nel medesimo rapporto obbligatorio.

Il beneficio fiscale non è a favore del condominio ma incide sulle imposte dovute dal singolo condomino al Fisco.

Poiché il condominio, allo stato, non ha una soggettività giuridica perfetta[20] il che, se così fosse, comporterebbe che le sue delibere comunicano verso l’esterno la volontà del soggetto (come per l’organo assembleare delle società), non si vede come l’assemblea possa essere competente a deliberare su un diritto potestativo del singolo proprietario e decidere per lo stesso come utilizzare la detrazione fiscale.

Già la Cassazione con la sentenza 19 maggio 2004 n.9463 ha chiarito che i poteri all’assemblea dei condomini sono conferiti specificamente dalla legge e che tra questi non è previsto quello di decidere sulle spese fiscali riguardanti parti comuni dell’edificio.

Poiché una delibera, come astrattamente previsto dall’art. 119 co. 9-bis della L. 77/2020, andrebbe ad incidere sui diritti individuali, soggettivi dei condomini, essa sarebbe nulla.

Lo stesso dicasi per l’eventuale richiesta del finanziamento.

4.Conclusioni e spunti operativi.

Alla fine di questo studio sulle maggioranze necessarie all’assemblea dei condomini per deliberare in merito al 110superbonus possiamo trarre le seguenti conclusioni:

  1. Delibere per l’approvazione di tutto l’iter dei lavori ex art.119 L.77/2020.

Sia in prima che seconda convocazione è richiesta la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

  • Delibere per i lavori c.d. trainanti a vantaggio dei singoli condomini con possibile contaminazione delle parti comuni ex art. 1122 c.c. Sia in prima che seconda convocazione è richiesta la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
  • Delibere per eventuali finanziamenti finalizzati, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, vanno accettate e sottoscritti da tutti i partecipanti al condominio, altrimenti l’assemblea è nulla.

Come potrebbe fare l’amministratore al fine di non incagliare il programma 110superbonus in relazione alla cessione del credito?

Richiedere ai condomini di esprimersi con una dichiarazione manifestando la volontà di optare per il pagamento diretto all’appaltatore ed ai singoli professionisti, ovvero la cessione del credito.

La dichiarazione avrà valore formale di autocertificazione al fine poi di adempiere agli obblighi prescritti dall’Agenzia delle Entrate e richiesti dagli istituti di credito.

Maurizio Voi


[1] Decreto Legge

[2] L. Salis, Computo della maggioranza nell’assemblea di condominio, in Rivista Giuridica dell’edilizia, 1966, I, p.735.

[3] Legge 11 dicembre 2012 n.220.

[4] Art.1136 3° co. c.c.: “Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”.

[5] Art.26 2°co. legge 19 gennaio 1991 n.10: “Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di prestazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.”

[6] L. Salis, Computo della maggioranza…, op.cit.

[7] Art.1138 4° co. c.c.: “Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.

[8] Art.1135 I° co. primo capoverso: “Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede..”

[9] Per la ricerca dell’intero testo e dei vari rimaneggiamenti è consigliato fare riferimento al D.L. 19 maggio 2020 n.34

[10] Art.9-bis: “ Le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio”

[11] Tra le tante e più accessibili si vedano gli articoli in Condominio, Quotidiano del Sole 24 Ore: 9 agosto 2020, Annarita D’Ambrosio: Superbonus/3: via libera in assemblea di condominio a maggioranza semplificata; 8 ottobre 2020,  Michele Orefice:  I dubbi sulle presunte competenze assembleari sulla cessione del credito da superbonus.

[12] Legge 10 gennaio 1991, Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.

[13] Art.16, co.1, D.Lvo 19 agosto 2005, n.192, così inserito dall’art.7, co.1, del D.Lvo 29 dicembre 2006 n.311 e definitivamente stabilizzato dalla legge di riforma del condomino, legge 11 dicembre 2012 n.220, art.28

[14] Corte di Cassazione, Sez. II, 11 gennaio 1966 n.202 – Pres. Civiletti, Est. Iannelli, in Riv.giur.edilizia, 1966, p.735 con nota di Lino Salis, da ultimo anche Cass.civ.sez.II, ordinanza n. 25558 del 12.11.2020 

[15] Art.119 comma 13 lett. a) e b).

[16] Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 20.01.2015, n. 862:  “La delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell’art. 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, in relazione all’art. 8, lett. g), della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui al successivo art. 28, comma 1, attenendo tale progetto alla fase di esecuzione della delibera. Le suddette norme, nell’ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento destinate al risparmio di energia, distinguono infatti una fase deliberativa “interna” (attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell’art. 1120 cod. civ.) da una fase esecutiva “esterna” (relativa ai successivi provvedimenti di competenza della pubblica amministrazione), e solo per quest’ultima impongono gli adempimenti in argomento. (Cassa con rinvio, App. Genova, 11/10/2007)”.

[17] Il che ci porta a considerare che l’assemblea può approvare l’intervento di efficientamento a prescindere dallo studio di fattibilità.

[18] A. Trabucchi: Istituzioni di diritto civile, trentesima sesta edizione, Cedam. p.135.

[19] Art.121: “I soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per gli interventi elencati al comma 2 possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;  b)  per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

[20] Cass. civ., Sez. Unite, 18/04/2019, n. 1093.

Le maggioranze per il Superbonus
23 Dic

Le maggioranze per l’approvazione dell’efficientamento energetico 110superbonus in condominio

1.Premessa di metodo. – 2.Il principio della maggioranza per la validità delle delibere dell’assemblea dei condomini. –  3.Le maggioranze per l’approvazione degli   incentivi per l’efficienza energetica 110superbonus. – 3.1 La maggioranza per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119superbonus. – 3.2 La maggioranza per l’approvazione dell’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121. – 4.Conclusioni e spunti operativi.

1.Premessa di metodo

In questo lavoro sull’analisi delle maggioranze dell’assemblea dei condomini per l’approvazione degli interventi 110supernbonus, adesione all’opzione dello sconto in fattura, cessione del credito o adesione agli eventuali finanziamenti, si farà riferimento alla norma finale, intesa come quella divenuta legge dello stato, tralasciando i rifermenti ai precedenti atti normativi di carattere provvisorio avente forza di legge[1] e ciò al fine di semplificarne la comprensione o l’eventuale consultazione.

In nota si rimanderà comunque al testo attualmente in vigore. Non si farà riferimento ad eventuali emendamenti tutt’ora in discussione davanti alle commissioni parlamentari.

2. Il principio della maggioranza per la validità delle delibere dell’assemblea dei condomini

Noto che l’art.1136 c.c. prevede diversi quorum sia per la valida costituzione dell’assemblea che per la validità delle delibere, distingue l’assemblea in prima da quella in seconda convocazione. La ragione è una sola: “la possibilità che alla prima riunione non intervenga il numero di condomini richiesto nel primo comma dell’art.1136 c.c.”[2]

L’attento legislatore dell’epoca voleva evitare che uno sparuto gruppo di condomini potesse essere considerato sufficiente per deliberare su determinati oggetti vincolando così gli assenti o dissenzienti ex art.1137 c.c.

Il lungo percorso evolutivo del condominio ha visto la riduzione delle storiche maggioranze c.d. qualificate (maggioranza dei presenti in assemblea in rappresentanza almeno di 500 millesimi o maggioranza dei partecipanti al condominio e 2/3 del valore dei millesimi) per le delibere di ricostruzione o lavori di notevole entità per l’edificio ovvero innovazioni.

Per arrivare, con la riforma dell’istituto[3], a prevedere anche il quorum per la valida costituzione dell’assemblea in seconda convocazione[4].

Da ricordare anche alcune leggi speciali, ad esempio la legge 10/91 che, all’art.26, per gli interventi sul contenimento energetico negli edifici prevede una delibera a maggioranza semplice: maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.[5]

I principi contenuti nell’art.1136 sono semplici e di facile comprensione: una delibera è validamente adottata ed obbligatoria per tutti i condomini se, rispettato il quorum di costituzione ottiene la c.d “doppia maggioranza” di teste e millesimi e tale maggioranza supera quella espressa dai condomini contrari.

Discussioni non ve ne possono essere già la Corte di cassazione con una cristallina pronuncia del 11 gennaio 1966 n.202, commentata dal Salis[6], ne aveva chiarito il significato.

Il principio della “doppia maggioranza” (teste e millesimi) è inderogabile, l’art. 1136 c.c. non può essere derogato nemmeno da un regolamento di condominio c.d. di “origine contrattuale”, ciò è prescritto dall’art.1138 3° co. c.c.[7]

E’ altresì noto che le maggioranze per le delibere dell’assemblea dei condomini regolano e quindi vincolano i condomini per tutto ciò che attiene all’ amministrazione e gestione dei beni e servizi comuni come indicato dall’art.1135 c.c. che è “norma di rinvio” in quanto richiama, per le attribuzioni dell’assemblea, anche altri articoli del codice in materia di condominio che regolano i suddetti oggetti[8].

Sono gli “articoli precedenti” il 1135 c.c. e si comprende la sua collocazione, alla fine delle norme sui beni e servizi comuni, ripartizione delle spese comuni, sopraelevazione, amministratore, iniziative individuali sui beni comuni.

Chiude il sistema di gestione sulle cose ed attività comuni e indica che solo l’assemblea è legittimata ad adottare decisioni vincolanti.

I diritti di proprietà o particolari convenzioni a favore del singolo, anche cristallizzati in un regolamento di condominio non possono essere oggetto di delibera. L’eventuale delibera sarebbe affetta da nullità.

3. Le maggioranze per l’approvazione degli   incentivi per l’efficienza energetica 110superbonus

L’articolo 119 della legge 17 luglio n.77[9], più volte modificato introduce gli “Incentivi per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici”, le analisi del complesso articolato e di quelli successivi sono oggetto di altri interventi di questo lavoro.

Per il tema d’indagine assegnato diamo conto del comma 9-bis[10] che prevede la maggioranza semplificata degli intervenuti in assemblea e almeno un terzo dei millesimi per l’approvazione degli interventi di efficientamento energetico e adesione all’opzione dello sconto in fattura, cessione del credito o adesione agli eventuali finanziamenti.

Questa disposizione ha avuto l’effetto di una deflagrazione solare perché non vi è riferimento al totem del quorum costitutivo.[11] Ma è la prima volta che l’architettura dell’assemblea è modificata a prescindere dalla prima o seconda convocazione?

Andando con ordine:

è prevista la maggioranza semplice per l’approvazione degli interventi di cui all’articolo 119 commi 1 lettere a,b,c della legge 77/2000;

– è prevista la maggioranza semplice per l’approvazione all’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 sempre della legge 77/2020.

3.1 La maggioranza per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119superbonus

Come richiamato nel paragrafo 2, già il legislatore che è intervenuto a modificare l’art.26 comma 2 della legge 10/91[12] aveva modificato nel 2005, poi nel 2006 e infine nel 2012[13] la maggioranza per l’approvazione dei lavori, prevedendola semplice.

Tenuto conto che nel dettato normativo dell’art. 119, 110superbonus, come, a suo tempo per la l’art.26, 2 co., L.10/91 è espressamente previsto che: “le deliberazioni (…) sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio” ciò che conta è il quorum deliberativo a prescindere che l’assemblea di condomini si pronunci in prima o seconda convocazione.

Ricordato comunque che, quando la legge parla di “intervenuti”, si riferisce ai condomini presenti in assemblea e non a tutti i partecipanti al condominio.

Quindi non conta in che tipo di seduta è riunita l’assemblea, conta la maggioranza di approvazione e tale maggioranza deve essere superiore ai contrari.

E in merito risulta interessante richiamare un vecchio arresto della Corte di cassazione per cui: “Per la validità delle deliberazioni in materia di condominio la legge richiede in ogni caso che esse siano prese a maggioranza di voti, per cui in tanto una deliberazione diventa obbligatoria per tutti i condomini, compresi i dissenzienti, in quanto il numero di coloro che hanno votato a favore, e le entità degli interessi da essi rappresentati, superino il numero dei condomini che hanno votato contro”[14].

Questa maggioranza è   necessaria per l’approvazione degli interventi di cui all’art.119.

Gli interventi sono quelli previsti al comma 1. Lett. a,b,c, e sono il risultato finale a cui mira la norma: es., che sia effettuato l’isolamento termico dell’edificio, ovvero siano sostituiti gli impianti di climatizzazione invernale esistenti.

La delibera di approvazione dell’assemblea è diretta al risultato dell’appalto che sarà conferito.

E poiché, noto, che per arrivare al risultato finale vi è la necessità, nel caso più semplice del general contractor, comunque dell’affidamento dell’incarico per lo studio di fattibilità che è prodromico, con la successiva attestazione, alla possibilità finale di ottenere le agevolazioni fiscali, anche tale incarico, essendo parte necessaria dell’intervento prescelto, sarà approvato con la maggioranza semplice.

Lo stesso dicasi se l’appalto viene affidato a più soggetti: società appaltatrice, Direttore Lavori, Tecnici Asseveratori[15], ivi compreso il compenso per l’amministratore ovvero di tutti gli altri professionisti chiamati a supervisionare gli interventi.

Un utile richiamo è nella lettura delle sentenze della Corte di cassazione che si sono occupate, al tempo, della trasformazione degli impianti di riscaldamento centrale in unifamiliari ai sensi dell’art. 26 co.2, della L.10/91.

La giurisprudenza ha sempre ritenuto che per la valida approvazione dell’intervento a maggioranza semplice non fosse necessaria la presenza dei progetti e relazioni tecniche di conformità[16][17].

Sorgono dubbi sulla maggioranza per i c.d. lavori trainati poiché potrebbero riguardare interventi all’interno delle proprietà esclusive o contaminare, anche parzialmente, l’aspetto architettonico dell’edificio.

Nel primo caso, nulla quaestio, la maggioranza non può pronunciarsi.

Nel secondo caso si può ipotizzare che la maggioranza prevista per il 110superbonus, superi quella prevista dall’art. 1122 c.c., considerando che il legislatore con l’art. 119 ha previsto un particolare quorum deliberativo per tutti gli interventi necessari all’efficientamento energetico del condominio, così l’eventuale modifica del l’iniziale decoro architettonico, appunto perché conseguenza di un’importante intervento migliorativo, non può soggiacere, per l’autorizzazione, all’astratta  previsione dell’art. 1122.

3.2 La maggioranza per l’approvazione dell’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121 e richiesta finanziamenti

Lo scenario cambia bruscamente al momento della decisione sul pagamento degli interventi con l’opzione fiscale prevista dall’art.121 L. 77/2020, ovvero richiesta di finanziamenti.

Anche per le opzioni e cioè la cessione del credito, sconto in fattura o richiesta di finanziamenti è stata introdotta la maggioranza semplice.

Il beneficio però è un diritto potestativo del singolo condomino, cioè la situazione giuridica soggettiva che consiste nell’attribuzione di un potere a un soggetto allo scopo di tutelare un suo interesse.

Esso si contrappone, pertanto, alla potestà nella quale il potere è attribuito ad un soggetto a tutela di un interesse altrui (nel nostro caso l’assemblea dei condomini).

Il che porta alla questione di fondo: l’assemblea dei condomini è un soggetto che interviene nella tutela di un interesse collettivo e cioè l’efficientamento energetico dell’edificio che si riflette su tutti i condomini?

L’assemblea che è l’organo collegiale del condominio esprime una volontà collettiva dei partecipanti e non può esprimersi per finalità extracondominiali.

Le singole volontà, quindi, non si fondono, non si sommano mai per la formazione della volontà unica dell’organo. Ogni condominio è portatore di un proprio interesse che, unito a quello degli altri, costruisce il decisum poi obbligatorio[18].

Questi i presupposti indiscussi della formazione della volontà per le delibere dell’assemblea dei condomini.

Ora prevedere una maggioranza che vincoli una minoranza a cedere un credito a terzi, ovvero accedere ad un finanziamento stride con i principi fondamentali richiamati.

Il disposto dell’art. 121 L.77/2020 appare chiaro nel senso di indicare espressamente nei “soggetti che sostengono negli anni…, spese per gli interventi elencati al comma 2…” la facoltà della cessione del credito.[19]

La cessione del credito è prevista e regolata dall’art.1260 c.c. in forza del quale il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito.

La cessione è un contratto a struttura bilaterale, con efficacia traslativa immediata tra un soggetto (il cedente) e un altro soggetto (il cessionario) e determina la successione del secondo al primo nel medesimo rapporto obbligatorio.

Il beneficio fiscale non è a favore del condominio ma incide sulle imposte dovute dal singolo condomino al Fisco.

Poiché il condominio, allo stato, non ha una soggettività giuridica perfetta[20] il che, se così fosse, comporterebbe che le sue delibere comunicano verso l’esterno la volontà del soggetto (come per l’organo assembleare delle società), non si vede come l’assemblea possa essere competente a deliberare su un diritto potestativo del singolo proprietario e decidere per lo stesso come utilizzare la detrazione fiscale.

Già la Cassazione con la sentenza 19 maggio 2004 n.9463 ha chiarito che i poteri all’assemblea dei condomini sono conferiti specificamente dalla legge e che tra questi non è previsto quello di decidere sulle spese fiscali riguardanti parti comuni dell’edificio.

Poiché una delibera, come astrattamente previsto dall’art. 119 co. 9-bis della L. 77/2020, andrebbe ad incidere sui diritti individuali, soggettivi dei condomini, essa sarebbe nulla.

Lo stesso dicasi per l’eventuale richiesta del finanziamento.

4.Conclusioni e spunti operativi.

Alla fine di questo studio sulle maggioranze necessarie all’assemblea dei condomini per deliberare in merito al 110superbonus possiamo trarre le seguenti conclusioni:

  1. Delibere per l’approvazione di tutto l’iter dei lavori ex art.119 L.77/2020.

Sia in prima che seconda convocazione è richiesta la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

  • Delibere per i lavori c.d. trainanti a vantaggio dei singoli condomini con possibile contaminazione delle parti comuni ex art. 1122 c.c. Sia in prima che seconda convocazione è richiesta la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
  • Delibere per eventuali finanziamenti finalizzati, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, vanno accettate e sottoscritti da tutti i partecipanti al condominio, altrimenti l’assemblea è nulla.

Come potrebbe fare l’amministratore al fine di non incagliare il programma 110superbonus in relazione alla cessione del credito?

Richiedere ai condomini di esprimersi con una dichiarazione manifestando la volontà di optare per il pagamento diretto all’appaltatore ed ai singoli professionisti, ovvero la cessione del credito.

La dichiarazione avrà valore formale di autocertificazione al fine poi di adempiere agli obblighi prescritti dall’Agenzia delle Entrate e richiesti dagli istituti di credito.

Maurizio Voi


[1] Decreto Legge

[2] L. Salis, Computo della maggioranza nell’assemblea di condominio, in Rivista Giuridica dell’edilizia, 1966, I, p.735.

[3] Legge 11 dicembre 2012 n.220.

[4] Art.1136 3° co. c.c.: “Se l’assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l’assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L’assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio”.

[5] Art.26 2°co. legge 19 gennaio 1991 n.10: “Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di prestazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.”

[6] L. Salis, Computo della maggioranza…, op.cit.

[7] Art.1138 4° co. c.c.: “Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.

[8] Art.1135 I° co. primo capoverso: “Oltre a quanto è stabilito dagli articoli precedenti, l’assemblea dei condomini provvede..”

[9] Per la ricerca dell’intero testo e dei vari rimaneggiamenti è consigliato fare riferimento al D.L. 19 maggio 2020 n.34

[10] Art.9-bis: “ Le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, nonché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio”

[11] Tra le tante e più accessibili si vedano gli articoli in Condominio, Quotidiano del Sole 24 Ore: 9 agosto 2020, Annarita D’Ambrosio: Superbonus/3: via libera in assemblea di condominio a maggioranza semplificata; 8 ottobre 2020,  Michele Orefice:  I dubbi sulle presunte competenze assembleari sulla cessione del credito da superbonus.

[12] Legge 10 gennaio 1991, Norme per l’attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.

[13] Art.16, co.1, D.Lvo 19 agosto 2005, n.192, così inserito dall’art.7, co.1, del D.Lvo 29 dicembre 2006 n.311 e definitivamente stabilizzato dalla legge di riforma del condomino, legge 11 dicembre 2012 n.220, art.28

[14] Corte di Cassazione, Sez. II, 11 gennaio 1966 n.202 – Pres. Civiletti, Est. Iannelli, in Riv.giur.edilizia, 1966, p.735 con nota di Lino Salis, da ultimo anche Cass.civ.sez.II, ordinanza n. 25558 del 12.11.2020 

[15] Art.119 comma 13 lett. a) e b).

[16] Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 20.01.2015, n. 862:  “La delibera condominiale di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell’art. 26, comma 2, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, in relazione all’art. 8, lett. g), della stessa legge, assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui al successivo art. 28, comma 1, attenendo tale progetto alla fase di esecuzione della delibera. Le suddette norme, nell’ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento destinate al risparmio di energia, distinguono infatti una fase deliberativa “interna” (attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell’art. 1120 cod. civ.) da una fase esecutiva “esterna” (relativa ai successivi provvedimenti di competenza della pubblica amministrazione), e solo per quest’ultima impongono gli adempimenti in argomento. (Cassa con rinvio, App. Genova, 11/10/2007)”.

[17] Il che ci porta a considerare che l’assemblea può approvare l’intervento di efficientamento a prescindere dallo studio di fattibilità.

[18] A. Trabucchi: Istituzioni di diritto civile, trentesima sesta edizione, Cedam. p.135.

[19] Art.121: “I soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per gli interventi elencati al comma 2 possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d’imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;  b)  per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

[20] Cass. civ., Sez. Unite, 18/04/2019, n. 1093.

Linee Guida per le assemblee di condominio durante il Covid19
11 Nov

L’avv. Maurizio Voi del nostro studio, su incarico di ANACI Verona, ha redatto le linee guida per la tenuta di assemblee condominiali durante il periodo di emergenza epidemiologica, sulla base dei provvedimenti emanati alla data di oggi 11 Novembre 2020.

E’ possibile scaricare in calce il relativo file

Annullata la delibera del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica n.6 del 16 ottobre 2018. L’ avv. Maurizio Voi è stato un componente del collegio di difesa
13 Ott

L’avv. Maurizio Voi dello Studio Legale VOI CARCERERI Associati è stato uno dei difensori dei tanti Senatori della Repubblica che hanno impugnato la delibera n.6 del 16 ottobre 2018 del Senato c.d. “Taglio dei Vitalizi”, difesa incentrata a contestare non tanto i riflessi economici, senza parametri certi di riferimento, della nota decisione della Presidenza del Senato, ma quanto e soprattutto diretta a censurare l’architettura giuridica a base del provvedimento che non ha tenuto conto della natura sostanzialmente giuridica di pensione dell’assegno vitalizio percepito dagli ex parlamentari e, conseguentemente, ben altri requisiti di legge, come già deciso dalla Corte Costituzionale, dovevano essere tenuti in considerazione per operare gli interventi riduttivi sulle pensioni.

Di fondamentale importanza è l’accoglimento della tesi, sostenuta anche dalle nostre argomentazioni, che il provvedimento della Presidenza del Senato incidente su un atto costitutivo del diritto al vitalizio (pensione) ha modificato gli atti di natura legislativa con cui sono stati predisposti i successivi provvedimenti di liquidazione.

Il provvedimento amministrativo della Presidenza del Senato non poteva disporre effetti retroattivi andando ad incidere su un “diritto soggettivo perfetto”.

Se questa strada fosse stata aperta avrebbe creato un pericoloso precedente, in via analogica, su molti altri provvedimenti pensionistici futuri legittimando l’intervento retroattivo.

I fondamentali principi di “diritto soggettivo” e  “irretroattività” sono così stati ripristinati e tutelati. Di seguito l’estratto della decisione.