Il Tribunale di Roma, con sentenza del 21 febbraio 2017, n. 3427, ha stabilito che, nel contratto di leasing finanziario, l’utilizzatore di un bene non può considerarsi legittimato a promuovere l’azione di annullamento e di nullità di una delibera condominiale non essendo titolare di alcun diritto reale sull’immobile. A tal riguardo il provvedimento chiarisce che la società, utilizzando dei locali facenti parte dell’edificio condominiale in virtù di un contratto di leasing finanziario, non può considerarsi titolare di un diritto di proprietà né di altro diritto reale di godimento che invece le avrebbero conferito la qualità di condòmino, qualità indispensabile ai fini dell’impugnazione della delibera assembleare.
Il Tribunale, con tesi condivisibile osserva che il difetto di legittimazione dell’utilizzatore in leasing, non viene meno nemmeno in presenza di clausola contrattuale del contratto di leasing finanziario che – come sovente accade – trasferisca all’utilizzatore le azioni spettanti al proprietario/concedente, osservando correttamente che tale clausola contrattuale contenuta in una scrittura privata non vale ad integrare alcuna procura speciale in favore dell’utilizzatore.
Sul punto in precedenza – sia pur in tema di locazione e non di leasing – circa il difetto di legittimazione del conduttore ad impugnare le delibere condominiali si erano già espressi Trib. Salerno Sez. I, 09-04-2010, Trib. Torino Sez. I Sent., 29-06-2009 , Trib. Milano Sez. VIII, 29-04-2005 ribadendo che la legittimazione ad impugnare le delibere dell’assemblea condominiale spetta solo al proprietario della singola unità immobiliare. Tale diritto è tuttavia estensibile anche al conduttore, limitatamente, però, ai casi previsti dall’art. 10 L. n. 392/1978, relativi alle modalità di gestione del servizio di riscaldamento e di condizionamento dell’aria centralizzati.